SINDROME DEL TUNNEL TARSALE (STT)
(Dr Antonio Scuccimarra)

Introduzione
In regione retromalleolare mediale, il nervo tibiale posteriore e’ compreso in un canale o tunnel (detto Tunnel Tarsale) poco estensibile con possibilita’ di Sindrome da intrappolamento che per similitudine con la piu’ nota Sindrome del Tunnel Carpale viene definita SINDROME DEL TUNNEL TARSALE. Tale sindrome non e’ frequente anche perche’ raramente si pensa ad essa nei dolori alla pianta del piede ed e’ molto fastidiosa per il paziente nella stazione eretta ed ancor piu’ nella deambulazione. Dal 1968 il termine di sindrome del tunnel tarsale e’ stato perfezionato in SINDROME DEL TUNNEL TARSALE MEDIALE per distinguerla dalla SINDROME DEL TUNNEL TARSALE ANTERIORE da intrappolamento del nervo peroniero profondo.

Anatomia
Il Canale Tarsale e’ un tunnel osteofibroso noto anche come canale tibio- astragalo- calcaneare o canale di Richet.
Il "tunnel tarsale" ha per tetto il legamento laciniato che costituisce il retinacolo dei muscoli flessori e va dal malleolo mediale al calcagno, mentre il pavimento è il malleolo tibiale, l’astragalo, il calcagno ed il legamento deltoideo, che e’ un importante rinforzo dell’articolazione tibiotarsica.
Nel tunnel il nervo tibiale posteriore transita insieme ai vasi omonimi posti dietro i tendini del muscolo tibiale posteriore e del muscolo flessore lungo delle dita e superficialmente al flessore lungo dell’alluce.
Il nervo tibiale posteriore con i suoi rami terminali (nervo plantare mediale e nervo plantare laterale –che sono assimilabili al mediano ed all’ulnare-) innerva i piccoli mm del piede e delle dita, e precisamente il n. plantare mediale innerva il flessore breve delle dita, l’abduttore dell’alluce, il flessore breve dell’alluce, e I lombricale e fornisce rami sensitivi al lato mediale della pianta del piede ed al lato plantare delle prime tre dita ed al lato plantare della parte mediale del quarto dito. Il nervo plantare laterale innerva tutti gli altri muscoli e cioe’ il quadratus plantae, 3 interossei plantari, 4 interossei dorsali, i 3 lombricali laterali, l’abduttore del V dito, il flessore breve del V dito, l’opponente del V dito e parte dell’abduttore dell’alluce e fornisce rami sensitivi alla parte laterale della pianta ed al lato plantare del V dito e della parte laterale plantare del IV dito.

Etiopatogenesi
Le cause di compressione più frequenti sono: fratture mal consolidate, ematomi, distorsioni, contusioni, tenosinoviti (flessore lungo dell’alluce), cisti sinoviali (durante connettivopatie e artrite reumatoide), sclerosi del legamento laciniato, cisti tendinee, dilatazioni vena tibiale posteriore, tofi, depositi di amiloide, tumori e cisti ossee, lipomi, dimorfismi del piede (varismo calcaneare con restringimento del tunnel e valgismo calcaneare con piede piatto ed avampiede pronato con stiramento del nervo). Il piu’ vulnerabile e’ il nervo plantare mediale.

Clinica
A seconda della gravita’ della compressione si puo’ avere sindrome irritativa, deficitaria e paralitica. E’ in genere di tipo irritativo con dolore e parestesie alla pianta del piede, alle dita ed alla parte mediale inferiore del tallone associato a disestesie e bruciori (“BURNING FOOT”). Cio’ viene accusato nella stazione eretta ed ancor di piu’ durante la deambulazione. Vi puo’ essere una recrudescenza notturna a causa dell’ingorgo venoso. Il segno di Tinel e’ positivo nella doccia retromalleolare con dolore nella sede di percussione e parestesie a valle, nel territorio del nervo. Si ha ipoidrosi, distrofie, edema perimalleolare per turbe del sistema nervoso autonomo. La pronazione ed estensione forzata del retropiede puo’ creare parestesie a valle analogamente a quanto avviene nel test di Phalen nella STC. L’ipoestesia puo’ interessare la pianta del piede e la porzione plantare delle dita. Nella fase deficitaria si ha deficit dei muscoli innervati dal tibiale posteriore o dalle sue 2 branche a seconda del livello di compressione. L’incapacita’ a flettere la falange prossimale delle dita ed estendere le distali (lombricali ed interossei) causa una disposizione a “griffe” (artiglio) delle dita e positivita’ del segno di Benaim ovvero l’impossibilita’ a trattenere un foglio di carta sul pavimento con le dita. Per i deficit muscolari l’appoggio del piede risulta alterato. Per deficit adduttorio la flessione dell’alluce lo porta a scavalcare il II dito. Il riflesso medio-plantare puo’ essere indebolito.

Neurofisiopatologia
Nelle forme irritative l’esame elettrodiagnostico e’ negativo. Nelle forme paralitiche l’esame elettrodiagnostico puo’ essere positivo con ipoeccitabilita’ muscolare (abduttore dell’alluce e del V dito e talora del flessore breve dell’alluce) ed un rallentamento del 10% della VCM (v.n. 36msec) ed un aumento della latenza superiore a 6,1msec per il n. plantare mediale e 6,7msec per il laterale.

Diagnosi Differenziale
Sono in causa: tenosinoviti e fasciti plantari, vasculopatie periferiche, intrappolamento da ipertrofia del muscolo abduttore dell’alluce (atleti), metatarsalgia di Morton e soprattutto le metatarsalgie da alterato carico (dimorfismi del piede, scarpe strette e tacchi alti) e il piede piatto pronato ma eventuali segni nervosi dirimeranno i dubbi.

Trattamento
Nella fase irritativa sono utili presidi medici (antinfiammatori e vitamine B), ortopedici (plantari tipo Lelievre con cuneo mediale a livello del calcagno per dominare la pronazione del retropiede e cuneo laterale alla base metatarsale per ricostruire l’appoggio normale dell’avampiede) e fisioterapici (massaggi, idroterapia galvanica, ginnastica, elettroanalgesia, laserterapia, ionoforesi con fans).
In caso si debba ricorrere alla chirurgia, in genere per deficit neurologico, l’intervento consta in una incisione curvilinea di 3 cm posta 1,5 cm al di sotto dell’apice del malleolo mediale ed incisione del legamento laciniato. Nel post-operatorio viene sconsigliata la deambulazione per 15gg e successivamente si deve praticare elettro- e massoterapia. Le cicatrici in tale regione possono pero’ dare fastidi per cui taluni preferiscono il trattamento endoscopico ma anche questa tecnica puo’ presentare problemi.

OZONOTERAPIA
Da circa 2 anni ho cominciato a trattare la STT con ozonoterapia con risultati ancor migliori che nella STC. L’infiltrazione viene fatta a 3-4 livelli, attraverso il legamento laciniato con ago corto e sottile. Anche qui l’ozono non tendera’ imboccare il tunnel specie se esso e’ ristretto ma tendera’ ad andare prossimamente: bisogna evitare cio’ e spingerlo nel tunnel: esso avra’ un effetto meccanico oltre che chimico.